Tutti conoscono la tragica storia di
Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico che il 15 dicembre 1969
morì precipitando da una finestra della Questura di Milano durante
un interrogatorio sulla strage di piazza Fontana avvenuta tre giorni prima. A distanza di 43 anni da quella notte la
verità sulla sua morte non è stata ancora accertata: fu un
suicidio, come sostennero i poliziotti presenti, o l'estrema
conseguenza di un interrogatorio brutale finito fuori controllo? Un
mistero che si è unito ai tanti che ancora oggi avvolgono
quell'episodio drammatico della storia italiana, raccontato dal recente film Romanzo di una strage.
Quello che in pochi sanno è che la
vicenda di Pinelli ha un precedente. Quarantanove anni prima, il 3
maggio 1920, un uomo di 39 anni, anche lui anarchico, morì in
circostanze misteriose precipitando da una finestra del Park Row
Building di New York, sede del Dipartimento di Giustizia americano.
Andrea Salsedo, questo era il suo nome,
era un italiano di Pantelleria arrivato negli Stati Uniti dieci anni
prima. Formatosi nelle idee dell'anarchismo, una volta giunto a New
York fu tra gli animatori di un gruppo anarchico costituito da alcune
decine di immigrati italiani, tra i quali i più noti saranno Nicola
Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Uomo di spicco del gruppo era Luigi Galleani, che diede vita ad un periodico chiamato Cronaca Sovversiva, nel quale si faceva esplicito riferimento alla violenza come metodo di lotta politica. Il giornale fu chiuso nel 1918 e Galleani arrestato l'anno successivo, ma le attività del gruppo continuarono. Salsedo si occupò di pubblicare un nuovo opuscolo chiamato Plain Words e si ebbero nuovi episodi di attentati dinamitardi e campagne di opinione contro le autorità. Il suo nome fu incluso dai servizi segreti americani nella lista dei più pericolosi nemici pubblici. Costretto a rifugiarsi in Messico insieme ad altri compagni per sfuggire all'arruolamento nell'esercito, fu arrestato dalle autorità federali nel febbraio del 1920.
Attentato anarchico a Wall Street, 1920 |
Uomo di spicco del gruppo era Luigi Galleani, che diede vita ad un periodico chiamato Cronaca Sovversiva, nel quale si faceva esplicito riferimento alla violenza come metodo di lotta politica. Il giornale fu chiuso nel 1918 e Galleani arrestato l'anno successivo, ma le attività del gruppo continuarono. Salsedo si occupò di pubblicare un nuovo opuscolo chiamato Plain Words e si ebbero nuovi episodi di attentati dinamitardi e campagne di opinione contro le autorità. Il suo nome fu incluso dai servizi segreti americani nella lista dei più pericolosi nemici pubblici. Costretto a rifugiarsi in Messico insieme ad altri compagni per sfuggire all'arruolamento nell'esercito, fu arrestato dalle autorità federali nel febbraio del 1920.
Un'immagine di New York nel 1920 |
Il 3 maggio, durante uno degli
interrogatori negli uffici del Bureau of Investigation, diventato poi l'FBI, Salsedo precipitò dal
quattordicesimo piano dell'edificio di Park Row. Unico testimone al
di fuori dei federali fu il suo compagno di lotta Roberto Elia, il
quale inizialmente confermò la tesi del suicidio, affermando che
Salsedo aveva scelto la morte pur di non tradire i compagni. Il
giornalista e scrittore Carlo Tresca raccontò che in un secondo
tempo Elia aveva ritrattato la propria testimonianza, accusando i
federali di aver provocato la morte di Salsedo. Come andarono
veramente i fatti non è stato mai accertato.
La tragedia scatenò molte reazioni.
Mezzo secolo prima di Pinelli, nell'opinione pubblica americana si
apriva un dibattito fra sostenitori del suicidio e sostenitori
dell'omicidio del tutto identico a quello che avrebbe avvelenato la
vita pubblica italiana alla fine del 1969, e che avrebbe innescato
l'escalation conclusasi con l'uccisione del commissario Luigi
Calabresi nel 1972.
La tragica coincidenza fra i destini di
Andrea Salsedo e Giuseppe Pinelli, così distanti nel tempo e nello
spazio, rimane ancora singolare e lascia aperte domande e dubbi sulla esatta dinamica delle loro morti.
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