giovedì 6 dicembre 2012

Una lezione dal passato sul futuro dell'euro


«Nessuna unione monetaria è sopravvissuta senza una unione politica e fiscale». Ad affermarlo sono gli economisti americani Nouriel Roubini e Arnab Das, i quali prevedono un futuro turbolento per l'euro se i legami fra gli stati europei non si faranno più stretti. Ma a quale precedente storico si rifanno i due?

La vicenda è poco nota, ma già a partire dall'Ottocento furono tentati dei primi esperimenti di libera circolazione monetaria su scala sovranazionale, destinati a mettere in luce gli elementi di forza e quelli di debolezza di un sistema di questo tipo.

Il primo passo fu compiuto nel 1857, quando lo Zollverein, il mercato comune degli stati tedeschi, siglò un accordo di collaborazione monetaria con l'Austria. Il patto ebbe breve durata e ben scarsi risultati, finendo travolto dalle rivalità fra austriaci e prussiani sfociate in guerra nel 1866. 

Napoleone III, imperatore dei Francesi
L'idea però era piaciuta a Napoleone III, che nel 1865 tenne a battesimo l'Unione monetaria latina, un'area di scambio valutario ancorata al franco nella quale confluirono la Francia, l'Italia, la Svizzera e il Belgio. Negli anni seguenti vi presero parte anche la Grecia, l'Austria, la Romania, la Bulgaria, la Serbia e varie nazioni coloniali come Eritrea, Congo, Tunisia e Porto Rico, per un totale di ben trentadue aderenti. Per i contemporanei si trattò di un passo fondamentale verso la creazione di una moneta universale, un precedente che, auspicabilmente, avrebbe ispirato la nascita di nuove federazioni simili.

Il progetto suscitò l'ostilità dell'Inghilterra, che temeva un rafforzamento delle economie del continente a discapito della City. L'economista britannico Walter Bagehot, mentre elaborava un piano di alleanza con gli Stati Uniti in funzione di contrattacco, sostenne che l'unione monetaria finisse con l'indebolire le valute che vi circolavano, innescando fenomeni inflazionistici. 

Malgrado le difficoltà, l'unione voluta da Napoleone III ebbe lunga vita e fu sciolta solo nel 1927, dopo essere sopravvissuta anche alla prima guerra mondiale. Ciò fu possibile perché di fatto essa non influenzava le politiche fiscali e monetarie dei singoli stati membri, che in ambito economico continuavano ad esprimere la loro piena sovranità. L'Unione latina non era che una scatola vuota, un'affermazione di principio che non imponeva vincoli o parametri da rispettare. Fu questa debolezza a favorirne la longevità.

Centesimi di euro
L'euro, invece, si fonda su legami economici molto stretti fra i paesi membri, ma, come sottolineano Roubini e Das, le sue difficoltà nascono proprio dalla insufficiente coesione politica fra i vari stati. L'assenza di un forte organismo statuale centrale, capace di dettare una politica fiscale unica, è da molte parti indicato come il vero punto debole dell'eurozona. La prospettiva di rinunciare a qualche pezzo della propria sovranità è ancora avversata con forza dai governi nazionali, anche quelli più europeisti. 

Che sia questo il nodo fondamentale da sciogliere per il futuro dell'euro e dell'intero progetto di unificazione europea è testimoniato anche dalle parole dell'economista belga Albert Janssen, che già nel 1911 scriveva: «Senza dubbio c'è qualcosa che seduce gli spiriti e che colpisce l'immaginazione nella fraterna unione dei popoli sul terreno monetario... Nelle condizioni attuali il regime monetario deve essere nazionale e deve essere regolato dalla legge di uno Stato indipendente. L'unione politica deve precedere la comunità monetaria».

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Photo credits: "Centesimi di euro" Julien Jorge